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Un contrasto giurisprudenziale sui versamenti bancari dei lavoratori autonomi

In tema di versamenti effettuati dai lavoratori autonomi sui propri conti correnti resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 DPR 600/1973 a favore dell’Amministrazione Finanziaria; è questa la conclusione cui perviene una recente sentenza della Corte di Cassazione sez. V Tributaria ( n.16697/16 depositata il 9/08/2016).
La suddetta pronuncia richiama la sentenza 24 settembre 2014 n. 228 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art 32 comma 1 n. 2 secondo periodo in relazione agli artt. 3 e 53 Cost, nella parte in cui ha esteso ai lavoratori autonomi l’ambito di operatività delle presunzione in base alla quale le somme prelevate dal conto corrente costituiscono compensi assoggettabili a tassazione, se non sono annotate nelle scritture contabili e se non sono indicati i soggetti beneficiari dei pagamenti.
E’ stato ritenuto del tutto arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito professionale e che questo sia a sua volta produttivo di reddito.
E’ appena il caso di rilevare che la suddetta presunzione (prelievi non documentati=costi in nero / costi in nero=compensi non dichiarati) era già stata denunciata in dottrina tributaria come del tutto incomprensibile ed anacronistica.
In successive sentenze la Cassazione si è spinta oltre pervenendo alla conclusione che la presunzione legale delle indagini bancarie è venuta meno anche in relazione ai versamenti. Ex multis la Cass. n. 23041 del 2015 ha infatti affermato che a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale “non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale, fatta ai fini della presunzione posta dall’art. 32 cosicchè è venuto definitivamente meno la presunzione di imputazione sia dei prelevamenti sia dei versamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività professionale dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale che la citata disposizione poneva e ciò con spostamento dell’onere probatorio a carico dell’Amministrazione Finanziaria.
La sentenza Cass. Sez. V. n. 16697/16 si discosta da questo orientamento perchè con riferimento ai versamenti ritiene ancora operante la presunzione legale posta dalla predetta disposizione a favore dell’Erario che data la fonte legale non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art 2729 c.c. per le presunzioni semplici superabile da prova contraria fornita dal contribuente, “il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo a tal fine una prova non generica ma analitica con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili”(cfr Cass. n.9721/15- n.13470/15)
Tirando le fila del discorso si può pervenire alla conclusione che non vi sono dubbi sulla illegittimità dell’equazione prelevamento=compenso e conseguentemente l’avviso di accertamento andrà annullato nella parte in cui si riferisce ai prelevamenti di somme.
Per i versamenti non giustificati, invece, la presunzione legale pare alla luce della sentenza citata non venuta meno, registrandosi in ogni caso un contrasto giurisprudenziale che non ha ancora trovato soluzione.

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