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SOCIETA’ ESTINTE , LEGITTIMAZIONE IN GIUDIZIO ED IRRETROATTIVITA’ DEL D.LGS. N. 175/2014

Il tema della cancellazione delle società continua a porre tutta una serie di problemi che non appaiono superati anche dopo le sentenze del marzo 2013 (nn. 6070,6071,6072) delle Sezioni Unite della Suprema Corte, sentenze che hanno confermato i principi fissati dalla sentenza 4062/2010.

In particolare un punto fermo è stato posto, e cioè che la cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Per questo motivo ha generato non poco sconcerto constatare nella pratica professionale come gli Uffici abbiano insistito nel notificare gli accertamenti a società cancellate anzichè procedere direttamente nei confronti dei soci responsabili, nei limiti dei beni ricevuti.

Nella vicenda seguita dallo scrivente, l’avviso di accertamento era stato emesso e notificato nei confronti della società ormai inesistente, in persona di colui che ne era il legale rappresentante e non a quest’ultimo personalmente né come socio né come liquidatore; la CTR di Milano ha confermato la sentenza della CTP di annullamento dell’avviso di accertamento

Successivamente, è intervenuto il D. Lgs. 175/2014 art 28 comma 4 secondo cui “Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione,accertamento,contenzioso e riscossione dei tributi e contributi,sanzioni ed interessi,l’estinzione della società di cui all’art 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese”; trattandosi di norma procedurale l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la stessa fosse applicabile anche per le attività di controllo riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

Pertanto, secondo l’interpretazione fornita dall’Amministrazione a partire dal 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del decreto, l’avviso di accertamento contenente la rettifica della dichiarazione della società cancellata dal registro delle imprese deve essere emesso nei confronti della società cancellata e notificata alla stessa presso la sede dell’ultimo domicilio fiscale in quanto a tal fine l’effetto estinzione viene differito e si produrrà solo cinque anni dopo la richiesta di cancellazione

L’interpretazione sopra descritta è stata radicalmente smentita dalla Cassazione con la sentenza n. 6743/2015 depositata il 2 aprile 2015; secondo Giudici della Cassazione la possibilità di accertare le società estinte entro cinque anni dalla richiesta di cancellazione non può avere effetto retroattivo ma si applica a partire dalla data di entrate in vigore del D. Lgs. 175/2014, ossia dal 13/12/2014.

La sentenza citata con riguardo all’ambito temporale di efficacia della norma evidenzia che l’art 28 co. 4 “intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti della estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti al <solo> fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi con sanzioni e interessi;” l’obiettivo della norma viene individuato nella relazione illustrativa al d.lgs in quello di “evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate”.

La norma opera quindi su un piano sostanziale e non “procedurale” in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali e dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione.

Sulla interpretazione della circolare 31/E/2014 si sono espresse già le Commissioni di merito; giova richiamare la sentenza 5/02/2015 della CTP Reggio Emilia e la CTR Lombardia 3837/2014; entrambe si muovono nella direzione di non ritenere ammissibile la retroattività dei controlli.

E’ di intuitiva evidenza che rimangono aperte numerose questioni; le decisioni delle singole commissioni appaiano disomogenee e poco convincenti in alcuni casi. Si potrebbe anche porre un profilo di illegittimità costituzionale del decreto semplificazioni laddove viene a determinarsi una irragionevole disparità di trattamento tra gli “enti creditori” previsti dal D. Lgs. citato e tutti gli altri creditori sociali. E ancora potrà emettersi e notificarsi un avviso di accertamento ad una società estinta dopo il 13/12/2014 oppure tale avviso va considerato nullo perché nessun atto impositivo può essere legittimamente emesso nei confronti di una società cancellata? Resta da capire per quale motivo non sia stato accolta la posizione di un noto autore, secondo cui “saltare il simulacro della società estinta agevola, anziché ostacolare, l’attività del recupero del credito tributario nei confronti dei soci e dei liquidatori(link articolo). Ma tant’è; il caos continua lasciando spazio a numerose argomentazioni difensive.

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IMPOSTA SUI REDDITI FONDIARI E CONTRATTI DI LOCAZIONE AD USO COMMERCIALE RISOLTI A SEGUITO DI SFRATTO PER MOROSITA’- SENTENZA DELLA CTP MILANO 2863/1/2015

La sentenza della Commissione Provinciale di Milano affronta il tema dei redditi di locazione non percepiti in relazione ai contratti di locazione per uso commerciale.
Come è noto l’orientamento della A.F. è quello, in base all’art 26 T.U.I.R, di consentire al contribuente di non dichiarare i redditi di locazione effettivamente non percepiti solo in relazione ai contratti locazione ad uso abitativo, escludendo pertanto i contratti di locazione ad uso commerciale. L’interpretazione della Agenzia delle Entrate trova fondamento nel citato art 26 ma in realtà tale interpretazione travisa completamente la portata della norma.
Nel caso di specie il contratto era stato dichiarato risolto con una pronuncia di convalida dello sfratto e per questo motivo – ha sostenuto il contribuente – era venuto meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione non percepiti anche se il fabbricato era ad uso commerciale.
Assume rilievo ai nostri fini il terzo periodo della norma di cui all’art 26 T.U.I.R. laddove il legislatore torna a parlare dei contratti di locazione in generale, senza distinguere tra quelli ad uso abitativo e quelli ad uso commerciale. La disposizione stabilisce che il provvedimento di convalida dello sfratto per morosità dà titolo al contribuente per ottenere un credito corrispondente all’imposta versata sui canoni non effettivamente percepiti e, nel caso di specie, la Commissione evidenzia come non avrebbe avuto senso dichiarare e pagare una imposta già estinta per compensazione del credito sorto in capo al contribuente per effetto della convalida di sfratto per morosità.
In definitiva, lo sfratto per morosità fa venir meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione non percepiti anche se il fabbricato è a uso commerciale; ciò trova conferma nella giurisprudenza recente delle Commissioni tributarie (CTP Reggio Emilia 422/02/2014, CTP Lombardia sez. Bergamo 516/02/2014- CTP Pavia 128/01/2013).

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